Medioevo e Rinascimento

Il Prestigiatore (Hieronymus Bosch)

Premessa

Dall'ottavo al sedicesimo secolo, artisti di vario genere (acrobati, musicisti, cantastorie, mangiafuoco, mimi, giocolieri e maghi) invasero le strade di tutte le città europee.

Nelle città medioevali la strade e le piazze erano il centro della vita commerciale e sociale e non vi erano piazzali, mercati o fiere in cui i prestigiatori non si esibissero.
Uso il termine prestigiatore per definire quel tipo di artisti che usavano la magia e la loro destrezza manuale ai fini dell'intrattenimento; in realtà il termine prestigiatore è un termine moderno e questo tipo di artisti all'epoca venivano comunemente chiamati giocolieri, mentre la parola mago era riservata a quelli che si supponeva praticassero la magia occulta e sfruttassero il favore dei demoni (il termine mago ebbe per lungo tempo quest'accezione).
La gente del Medioevo sembrava mostrare sentimenti ambivalenti verso questo tipo di artisti; le loro esibizioni erano infatti generalmente gradite ma i loro metodi vennero spesso condannati specialmente dalla Chiesa e dai magistrati che a volte vietarono loro di esibirsi in alcune città. Nel 1250 per esempio Luigi XI vietò l'entrata ad acrobati e prestigiatori in diverse città francesi.
Era quello un periodo molto confuso, pieno di superstizioni e paure per l'occulto, per le streghe e i per demoni, ed un uomo in grado di tagliare e risanare un fazzoletto di stoffa poteva facilmente essere accusato di essere in combutta con il diavolo. Tuttavia la magia continuò a rimanere una forma di intrattenimento molto popolare e comprendeva effetti di vario genere: ingoiatori di spade, effetti con le monete, con le corde, col fuoco, e naturalmente i "Bussolotti" (il trucco probabilmente più praticato dell'epoca). Effetti eseguiti con mazzi di carte invece si cominciarono a vedere solo intorno al XVI secolo quando le carte divennero di uso più comune; introdotte infatti in Europa intorno alla fine del tredicesimo secolo, le prime carte da gioco erano troppo costose per essere usate per l'intrattenimento e erano un oggetto riservato alle classi sociali più alte.
È sempre nel periodo medievale invece che cominciarono a venir fuori ciarlatani e falsi alchimisti che con una grande forza persuasiva riuscivano a vendere presunte pozioni magiche e elisir di ogni genere; spesso usavano anche la loro destrezza da prestigiatore per pubblicizzare le qualità magiche e gli incredibili effetti delle pozioni segrete da loro vendute. Il rapporto stretto esistente in alcuni casi tra prestigiatori e truffatori, specialmente durante questo periodo, è testimoniato anche da alcuni quadri, come quello di Hieronymus Bosch (artista della metà del quindicesimo secolo) che mostra un prestigiatore intento ad eseguire il gioco dei bussolotti mentre un suo complice ruba il borsellino ad uno degli spettatori distratti dall'esibizione (vedi foto a inizio pagina).

 

The Discoverie of Witchcraft  

Come dicevo, se da una parte questi prestigiatori venivano visti come artisti della manipolazione e dell'illusione ed erano generalmente ben accetti nelle piazze e per le strade di tutte le città europee, in diversi casi i loro trucchi vennero scambiati per pura stregoneria. Le credenze e le superstizioni di quel periodo facevano della magia un elemento della vita quotidiana, presente nella religione, nella natura e nella società in maniera simile a quella dei tempi più primitivi. C'è da dire, in oltre, che alcuni tra quelli che praticavano magia in quel tempo approfittavano delle superstizioni della gente per far credere loro di possedere speciali magici poteri.

La più grande paura di quel tempo era per la stregoneria. Secondo le credenze medioevali le streghe erano accompagnate da piccoli spiriti che obbedivano ai loro ordini; questi spiriti che erano anche a servizio del diavolo, erano in grado di procurare malattia e morte. Quando un mago trasformava un normale pezzo di metallo in oro, semplicemente passandoci la mano sopra, o cambiava colore all'acqua aggiungendoci poche gocce di un liquido neutro, in molti pensavano lo facesse con l'aiuto di questi spiriti maligni.
È impossibile immaginare quanti prestigiatori furono scambiati per streghe, quanti siano stati puniti, perseguitati o uccisi.
Per circa tre secoli la marea della persecuzione religiosa investì a più riprese le arti magiche; durante il regno di Enrico VIII, in Inghilterra, la pena per i maghi era la morte; molti maghi si salvavano dal rogo solo rivelando i propri trucchi ma spesso anche questo non bastava e, alla fine del '500, la caccia alle streghe aveva già prodotto un bagno di sangue.
L'inglese Reginal Scott rimase profondamente colpito da questa situazione specie dopo aver assistito nel 1581 (nei panni di giudice di pace) alla condanna di Margaret Simons accusata di stregoneria. Scott, credendo fermamente che la donna fosse stata ingiustamente accusata, si dedicò devotamente alla stesura di un approfondito trattato che chiarisse la caotica situazione di quel periodo e ponesse fine alla crudeltà di queste persecuzioni. Dopo un lungo periodo di lavoro, aiutato da John Cautares (un francese residente a Londra, grande autorità in materia di magia), nel 1584 Scott pubblicò "The Discoverie of Witchcraft". Questo libro è uno dei primissimi a contenere dettagliate descrizioni di segreti e tecniche usate dai prestigiatori per creare le loro illusioni, sicuramente il primo in lingua inglese (lo stesso anno appare anche un volume francese contenente spiegazioni di effetti magici: "La Premiére Partie des Subtiles et Plaisantes Inventions" di Jean Prévost). Scott mostra numerosi trucchi e spiega come questi siano innocui e come non abbiano nulla a che fare con la profanazione del nome di Dio, chiarificando la distinzione tra il lavoro del prestigiatore e il lavoro del diavolo. Inoltre spiega come sia poco saggio definire magici o sovrannaturali tutti quegli eventi che non possono essere spiegati dai profani. L'aperto scetticismo di Scott e la sua condanna alle persecuzioni non fu tollerata dal re James I che ordinò di far bruciare tutte le copie del libro. Fortunatamente alcune copie sopravissero e anche se "The Discoverie of Witchcraft" non pose definitivamente fine alle persecuzioni, riuscì probabilmente a salvare qualche innocente prestigiatore di quel tempo, aiutò il cambiamento ormai in corso e, soprattutto, fu un punto di riferimento per i maghi degli anni successivi che poterono studiare diverse modalità e tecniche possibili per l'esecuzione di alcuni effetti. Moltissimi degli effetti descritti nel libro vengono tuttora eseguiti, come la corda tagliata e risanata, alcune trasposizioni di monete dalla mano del prestigiatore a quella dello spettatore, e ancora sparizioni di palline e alcuni effetti con le carte, ed anche le tecniche usate non sono così differenti da quelle moderne che sono comunque basate su principi simili. Il libro contiene anche la descrizione (e le illustrazioni) di un effetto di decapitazione (precursore della donna tagliata in due) e di alcuni coltelli truccati per passare attraverso le braccia senza lasciare ferite o segni.

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Fine degli anni bui 

La rivoluzione dell'atteggiamento mentale del periodo Rinascimentale, drasticamente critico nei confronti dell'oscurantismo medioevale, si ripercosse anche nelle arti magiche. I maghi non vennero più visti come collaboratori del diavolo e la gente riprese a gradire le loro esibizioni. I trucchi descritti in "The Discovery of Witchcraft" divennero parte del repertorio di tutti i prestigiatori che cominciarono inoltre a inventare nuove illusioni.
Come la gente divenne più familiare con i metodi e gli usi del prestigiatore, il suo stato sociale cominciò gradualmente a crescere.
Sempre sulla scia del libro di Scott, cominciarono a nascere altre pubblicazioni sulla magia. In Italia per esempio, l'anno immediatamente successivo alla pubblicazione di "The Discovery of Witchcraft", apparve a Milano un libricino di Horatio Napolitana contenente la descrizione di numerosi effetti; nel 1597 a Verona venne stampato "Giuochi di carte bellissimi" di un personaggio che si firma "il Cartaginese" e che descrive effetti eseguiti con le carte da gioco, che proprio in quel periodo cominciavano ad entrare nel repertorio dei prestigiatori. Il primissimo libro italiano contenente giochi di carte (di cui si abbia traccia) è invece "Giochi" di Horatio Galasso (Venezia 1593), recuperato nel 2001 da Vanni Bossi che lo ha pubblicato in anastatica con una tiratura limitata. Nella sua premessa Vanni Bossi riferisce che prima di questo libro, l'unica fonte straniera a descrivere giochi eseguiti con le carte è "The Discovery of Witchcraft" che tra l'altro ne presenta solamente tre. Bossi ci spiega anche che le pubblicazioni "magiche" di quel periodo facevano per lo più parte di quei libretti classificati come "stampe popolari a carattere profano" che, assieme a quelli di carattere religioso, iniziarono ad essere stampati contestualmente ad opere più importanti a cominciare dal XV secolo; ebbero grande diffusione tra il XVI ed il XVII secolo e conobbero poi un crescente calo di circolazione mano a mano che il livello culturale aumentava e la stampa di opere più corpose perdeva quel carattere di esclusività legato anche all'alto prezzo. Alcuni stampatori si specializzarono in questo tipo di edizione economica; quasi tutti avevano piccole tipografie ed imprimevano spesso per commissione.
Altre pubblicazioni invece in lingua inglese che meritano di essere sottolineate e che seguirono negli anni successivi sono: "The Art of Juggling or Legerdemain" (non si ha la certezza se sia una pubblicazione del 1612 o del 1614 e ci sono dubbi sull'autore anche se viene generalmente attribuito a Samuel Rid), che riporta per lo più effetti presenti in "The Discovery of Witchcraft"; "Hocus Pocus Junior" di autore ignoto (1635), che oltre alla descrizione di numerosi effetti omessi da Scott offre una lista di regole e comportamenti necessari a un prestigiatore; "A Candle in the Dark" di Thomas Ady (1656), sempre basato sul libro di Scott e che dimostra quanto poco il repertorio del mago si fosse sviluppato nei settant'anni che separano i due testi.
Nei libri di quel periodo appare spesso la parola Hocus Pocus che nel diciassettesimo secolo era sinonimo di magia e stava ad indicare sia il giocoliere, sia il prestigiatore, sia le loro esibizioni. Ci sono molte teorie sull'origine della parola Hocus Pocus (una versione possibile ci viene data anche da Ady in "A Candle in the Dark") ma la questione rimane comunque irrisolta.

 

Carte da gioco

Come già accennato, le carte da gioco cominciarono ad entrare nel repertorio dei prestigiatori intorno alla metà del sedicesimo secolo ma le loro origini sono ben più lontane. Purtroppo non ci sono testimonianze che ci permettono di sapere esattamente dove e quando apparvero per la prima volta e gli studi hanno prodotto diverse ipotesi. La più probabile è che le carte siano state inventate in Cina (proprio dove fu inventata la carta). I Cinesi furono i primi ad usare la carta moneta e i simboli che ornavano le prime banconote sembrano avere molte relazioni con quelli utilizzati per i primi mazzi di carte di cui abbiamo traccia. Sembra inoltre che i Cinesi usassero queste banconote non solo come denaro, ma anche come vere e proprie carte per giocare. Altre ipotesi portano in India dove intorno al V secolo si praticava un gioco chiamato Chaturange (da cui deriva il gioco degli scacchi) e altre ancora in Egitto.
Comunque sia le carte da gioco vennero introdotte in Europa durante il quattordicesimo secolo probabilmente importate dagli Arabi in seguito ai rapporti commerciali che gli Europei avevano con loro, oppure dalle popolazioni zingare dell'Ungheria o ancora dai soldati a ritorno dalle Crociate. C'erano diversi tipi di mazzi ed erano generalmente composti dalle sessantadue alle novantasette carte sulle quali erano solitamente raffigurati i simboli che ora associamo ai tarocchi (la morte, il sole, la fortuna) ma anche scene di corte o di caccia, immagini mitologiche e anche giocolieri o prestigiatori intenti ad eseguire il gioco dei bussolotti.
Agli inizi le carte erano un oggetto riservato al divertimento delle classi più nobili ed erano troppo costose per essere usate dai prestigiatori. Le carte usate dai reali erano generalmente realizzate da grandi artisti con tecniche raffinate e materiali pregiati, o con finissimi intagli xilografici, mentre i popolani usavano carte rozze, mal disegnate e che potevano difficilmente essere manipolate per eseguire giochi di prestigio. Nel Quattrocento, grazie alla nascita dell'arte della stampa, le carte da gioco conobbero una notevole diffusione e nel Cinquecento la produzione andò assestandosi su due modelli fondamentali: in Italia, Spagna e Francia prevalsero le carte a semi italiani (coppe, spade e denari) mentre in Germania furono maggiormente diffusi i semi tedeschi (foglie, ghiande, campanelli e cuori) e solo all'inizio del Seicento comparvero le carte a semi francesi (cuori, quadri, fiori e picche) che monopolizzarono presto i mercati del nord. È sempre nel Cinquecento che una versione più piccola delle carte italiane viene stampata su larga scala rendendole accessibili a tutti.
Subito i maghi introdussero le carte nel loro repertorio e da allora i giochi con le carte sono sempre rimasti una parte importantissima di tutte le esibizioni magiche.
Le carte entrarono immediatamente anche a far parte del gioco d'azzardo e i giocatori cominciarono ad inventare sotterfugi e tecniche per imbrogliare. Anche Scott nel suo libro mette in guardia le persone dai giocatori disonesti. Da allora fino ad oggi i maghi hanno sempre preso molte delle loro tecniche di cartomagia dai tavoli da gioco, a volte (soprattutto in passato) esercitando loro stessi la "professione" del baro, altre volte semplicemente studiando queste tecniche ed adattandole alle proprie esigenze di prestigiatore. L'uso delle carte era anche molto diffuso tra le popolazioni zingare di quel periodo che le usavano sia per il gioco d'azzardo, sia per leggere il futuro.  

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 Sputatori d'acqua e mangiatori di pietre

Durante il periodo di passaggio tra il Rinascimento e il Settecento, si poteva assistere per le strade alle esibizioni più bizzarre e varie. Tra queste presero piede alcune specialità piuttosto stravaganti come gli sputatori d'acqua. Questa disciplina consiste nella capacità di ingerire grandi quantità di acqua e rigurgitarla producendo uno o più getti dalla propria bocca o sotto forma di diversi tipi di liquido (vino, latte ecc.). Praticata anche nell'antica Grecia (vedi l'esempio di Diopeithes di Locris nel capitolo dedicato alle origini), era stata ormai da lungo tempo dimenticata ma, dalla metà del diciassettesimo secolo fu considerata una nuova e gradita attrazione, tanto da far nascere una vera e propria scuola (tra gli esempi più vicini a noi potete andare a vedere Hadgi-Ali nelle pagine dedicate ai personaggi). I più famosi del tempo furono senza dubbio Blaise Manfre ed il suo allievo Floram Marchand. Il primo, nativo di Malta, alternava i suoi numeri con l'acqua (che era in grado di risputare sottoforma di vino) all'esibizione di esercizi acrobatici e di forza fisica, tra i quali il sollevamento di enormi pesi fissati ai suoi capelli; il secondo, di nascita francese, sviluppò un trucco con il quale era in grado di emettere contemporaneamente fino a sei distinti getti d'acqua, facendoli finire con precisione in sei bicchieri differenti.Tra le altre stranezze del tempo c'erano poi i mangiatori di pietre capaci di deglutire grandi quantità di sassi. Tra questi è da ricordare l'italiano Battaglia che riuscì a trasformare questa dimostrazione di abilità, che trovava più che altro spazio nelle fiere di paese, in un vero e proprio spettacolo.

FloramMarchand