Premessa
Dalla seconda metà dell'Ottocento la forte impronta data da Robert-Houdin influenzò notevolmente i suoi contemporanei, che copiarono le sue illusioni e il suo stile creando una standardizzazione della magia di quel periodo e dovettero passare una decina di anni prima di assistere a dei cambiamenti degni di nota. Ma alcuni brillanti illusionisti (come Maskelyne, De Kolta e Devant in Europa e Kellar e gli altri in America) non tardarono a venir fuori, dando vita ad una decisa innovazione che porterà, a cavallo dei due secoli, alla cosiddetta "Golden Age", l'età d'oro della magia, dettata da un fiorire di nuove idee e di straordinari maghi che, oltre a proporre rivoluzionarie grandi illusioni, misero in gran risalto il lato artistico della magia e ridiedero valore all'abilità prestidigitatoria e all'arte della manipolazione, tutto impreziosito dalle loro brillanti personalità, e dalle loro creative e differenti forme di presentare la magia.
Sempre nello stesso periodo, la curiosità degli occidentali per la magia delle altre culture, in particolare per quella indiana ed orientale (dovuta anche ad un progresso che portò maggior contatto tra i continenti) embrarono influenzare alquanto il repertorio magico. Così come il crescente interesse per lo spiritismo che ispirò molti numeri di illusionismo.
Magia indiana e orientale
I numerosi racconti che giungevano in Occidente sui misteri della magia indiana suscitarono da sempre un certo interesse negli antropologi e negli studiosi dell'occulto o della parapsicologia, e stimolarono la passione e la curiosità degli illusionisti europei ed americani che, a partire dal diciannovesimo secolo, cercarono di scoprire i segreti di queste magie, spesso partendo in prima persona per le Indie, e presentarono poi delle repliche degli effetti tipici di quelle culture, adattandoli alla magia da palcoscenico.
I viaggiatori di passaggio in India portarono testimonianze di magie incredibili presentate per le strade di questa misteriosa terra fin dai tempi di Marco Polo, probabilmente il primo vero esploratore europeo dell'India e della Cina che, nel tredicesimo secolo, descrisse gli abitanti di Kashmir come i più grandi esperti di magia, in grado di comandare le loro divinità e la natura, di oscurare il giorno e di compiere altri incredibili miracoli.
In effetti in India da sempre la magia fu un'importante tradizione, perpetuata da una lunga generazione di maghi. Le origini della magia indiana sono probabilmente così antiche come l'Induismo stesso e alcuni effetti sembrano comunque avere delle strette relazioni con questo. Alcuni trucchi avevano le loro radici in Egitto e Mesopotamia ma acquisirono caratteristiche distintive come furono assimilate nella cultura indiana; mentre altri trucchi, di origine puramente indiana, furono tramandati da gruppi e famiglie praticanti esclusivamente le arti magiche.
La magia indiana sembra appartenesse a due classi principali: i Fachiri e i cosiddetti Jadoo-Wallahs.
I Fachiri erano solitamente molto schivi, si esibivano solo in rarissime occasioni e, vista la loro volontà di mantenere segreti i propri poteri, si sospetta che spesso alcuni sedicenti fachiri visti all'opera fossero impostori o rinnegati. Si diceva che i Fachiri fossero in grado di eseguire prodigi irreplicabili da persone comuni (come il trucco indiano della corda, la levitazione di oggetti di vario genere, la sospensione aerea di un uomo, la sepoltura prematura o addirittura far piovere a comando ed altro ancora) e che fossero in grado di sottoporsi ad atti di abnegazione e auto abuso sconfinanti nella magia (camminare su carboni ardenti, trafiggersi con spade e spilloni senza sanguinare, dormire su un letto di chiodi, ecc.). Il loro stile di vita era determinato da strette regole secondo le quali dovevano vivere di mendicanza e vagabondaggio, rispettare particolari diete a base di cibi purissimi e che non superassero il necessario per la sopravvivenza, dormire solo in determinate ore, e privarsi praticamente di tutti i beni terreni, col fine di un totale distacco dal mondo. Si supponeva che come risultato di questa vita ascetica i Fachiri fossero in grado di raggiungere uno stato superiore dell'esistenza e un controllo su tutte le funzioni del proprio corpo.
I Jadoo-Wallahs invece erano considerati di una classe sociale inferiore a quella dei Fachiri ed erano più simili ad artisti da strada, che univano le loro dimostrazioni magiche alla giocoleria, alla musica, alle acrobazie e all'esibizione di destrezza prestidigitatoria e di vari trucchi, come anche i "Bussolotti". Questi venivano però spesso confusi con i Fachiri da europei e americani, sia per il tipo di illusioni misteriose che praticavano, sia perché gli stessi Jadoo-wallahs, che solitamente non pretendevano di avere particolari poteri spirituali, creavano volontariamente l'equivoco quando incontravano occidentali in cerca di misteri. Tra le loro illusioni più famose, ve ne sono da ricordare alcune eseguite con i rettili (trasformazioni di bastoni in serpenti, apparizioni e sparizioni di serpi, e i classici incantatori di cobra in grado di ipnotizzarli con il flauto), altre già citate e tipiche del fachirismo (ingoiare spade, trafiggersi con enormi spilloni o piccoli pugnali, camminare su carboni ardenti o su un tappeto di vetri rotti) e poi il famoso "The Basket Trick", in cui un ragazzo entra in una piccola cesta che viene trafitta da un enorme quantità di lance e spade ma, una volta sfilate, il ragazzo esce fuori del tutto incolume (questo effetto ha fatto parte e fa tutt'ora parte di molte esibizioni di magia da teatro).
Anche se la maggior parte di questi effetti furono riprodotti negli spettacoli di illusionismo, alcune di queste magie rappresentano tutt'oggi un enigma, soprattutto perché in India venivano comunemente eseguite all'aperto in mezzo alla gente, escludendo l'utilizzo di complicate attrezzature nascoste, e in pochi riuscirono all'epoca a comprenderne i segreti. Rimasero disorientate anche alcune autorità in materia, come il grande illusionista Harry Kellar che dichiarò che i 15 anni passati in India lo avevano convinto che i Fachiri dell'india del Nord appartenenti alla caste più alte fossero in possesso di poteri ignoti agli occidentali e riportò alcuni avvenimenti cui non riuscì a dare una spiegazione nonostante la sua approfondita conoscenza sui metodi per illudere la gente; tra questi una levitazione alla quale assistette a Calcutta nel 1876, in cui un giovane veniva steso sulla punta di tre spade che venivano poi levate una ad una lasciando il ragazzo misteriosamente sospeso in aria.
Anche il mago svedese Baron Seeman riportò la testimonianza di un'altra inspiegabile sospensione in aria di una donna e altri misteriosi prodigi eseguiti da Convinsamy, il più celebrato di tutti i Fachiri.
Un altro effetto di sospensione che divenne molto famoso fu quello, che intorno al 1830, vedeva un Brahmin (prete indiano di alta casta) in grado di rimanere sospeso in aria avendo il solo punto d'appoggio di un bastone sul quale posava la mano; questo numero che viene tutt'oggi eseguito sul palcoscenico, ispirò all'epoca gli illusionisti occidentali che lo riprodussero in varie versioni trovando forse l'espressione più grande nella variante di Robert-Houdin, chiamata "Suspension Ethéréenne" ("La sospensione eterea" - vedi capitolo "L'Ottocento e la nascita di una nuova era").
Tra gli altri investigatori dei misteri indiani uno dei più autorevoli fu probabilmente Johon Keel che, durante la prima metà del Novecento, riuscì a scoprire molti segreti della magia di quel popolo, come la tecnica usata per incantare i cobra, o in che modo dei serpenti presenti in una cesta potessero raddoppiare di numero, o ancora tre diversi metodi che venivano usati per eseguire la sepoltura prematura ("Burial Alive"), un rito in cui un Fachiro veniva sotterrato vivo e riesumato solamente dopo alcune ore, giorni o mesi (a seconda delle versioni) ancora perfettamente in vita. Il metodo più pericoloso per eseguire questo numero non nascondeva alcun trucco effettivo ma una grande capacità di autocontrollo, che permettesse di resistere realmente sotto terra per alcune ore sfruttando la poca aria presente nella cassa. Molti persero la vita nel tentativo di eseguire questo effetto che lo stesso Keel provò in prima persona rischiando di rimanere soffocato, così come Houdini che non provò mai più a ripetere l'esperimento.
Ma tra tutti gli effetti quello più enigmatico fu sicuramente il trucco indiano della corda ("The Indian Rope Trick") per il quale, in uno spazio aperto, il Fachiro posava in terra una lunga corda, un estremo di questa si sollevava magicamente verso il cielo finché la corda rimaneva tesa verticalmente in aria, un ragazzino allora si arrampicava su di questa sempre più in alto e scompariva misteriosamente; a questo punto pezzi del suo corpo cadevano dal cielo e venivano posti nella cesta dalla quale riappariva il giovane tutto intero.
Questo effetto aveva sicuramente origini molto antiche e rappresentava probabilmente l'ascesa dell'uomo da questo livello dell'esistenza ad un livello più alto; un concetto comune a molte religioni e da cui sembrano avere origine tutti gli effetti di levitazione che, prima di giungere nel repertorio degli illusionisti, venivano eseguiti sia negli antichi riti tribali, sia nei primi rituali del cristianesimo, sia nelle cattedrali in rappresentazioni teatrali cristiane, dove si simulava l'ascesa al paradiso. Ma nel caso specifico del gioco indiano della corda, l'effetto sembra affondare le sue radici nel Buddismo che vede (secondo un testo conosciuto come "Mani Khabum) il Bhodisattva (essere vivente destinato a conseguire l'illuminazione e cioè a diventare un Buddha) di nome Chenrezin (definito l'emanazione dell'attività di tutti i Buddha) fare il voto, in presenza del Buddha supremo Amitabha, di liberare tutti gli esseri viventi dalla sofferenza, indipendentemente dal regno in cui si trovassero, e chiedere che il suo corpo si frantumasse in mille pezzi nel caso in cui si fosse arreso nel cercare di compiere questo faticoso compito. Dopo una lenta salita dal regno dell'inferno, attraverso il mondo dei fantasmi e sempre più in alto sino al regno degli Dei, Chenrezin guardò in basso e, vedendo che nonostante avesse salvato innumerevoli esseri dai regni inferiori molti altri vi si stavano riversando, fu preso da immenso dolore, ebbe un momento di scoraggiamento e il suo corpo esplose in pezzi. Ma il Buddha Amitabha rimise insieme il suo corpo dandogli nove volti pacifici ed uno irato, coronati dalla sua testa e gli diede un migliaio di braccia con l'occhio della saggezza su ogni palmo delle mani per conferire pieno potere alla sua benevola attività di emissario.
Ma il numero della corda potrebbe avere le sue origini anche in un'altra regione del misterioso Oriente, la Cina, dove tra l'altro il Buddismo era molto diffuso così come in India. Anche nella magia cinese infatti questo trucco sembra esistere da lungo tempo e l'arabo Ibn Batutu descrisse nel 1355 la versione a cui assistette a Hangchau in Cina, del tutto simile a quella indiana. La sua testimonianza però potrebbe non essere troppo attendibile, visto che lui stesso affermava di sentirsi svenire ogni volta che assisteva a un numero di magia: potrebbe quindi essere una descrizione romanzata come molte altre. Durante il diciannovesimo secolo furono molti ad affermare di aver visto questo fenomeno in India, tra cui Maxim Gorki, Maurice Maeterlinck, William Beebe e Francis de Crosset, ma in realtà non esistono testimoni veramente attendibili che possano dire di aver mai assistito a questo trucco, e i maghi professionisti occidentali, nonostante gli sforzi e imponenti offerte di denaro, non riuscirono mai a trovare qualcuno disposto ad eseguirlo davanti ai loro occhi. Il grande mago inglese John Nevil Maskelyne offrì 5000 pounds a chiunque eseguisse il trucco alle sue condizioni, ma nessun volontario si fece mai avanti.
Probabilmente il mito della corda indiana, così come molti altri misteri, è una combinazione tra leggenda e folclore, forse nata da spettacoli di fachiri e maghi di strada indiani che eseguivano numeri di magia assai meno ambiziosi e che raccontavano di un leggendario trucco della corda e altri misteriosi prodigi. Bisogna inoltre pensare che molte "lucide" testimonianze erano invece distorte dalla forte suggestione che questi maghi erano in grado di esercitare sulla gente; una suggestione simile a quella usata durante i riti magici eseguiti dagli sciamani delle tribù più primitive che con canti, tamburi, urla, fumo, oscurità, e a volte anche vapori di piante sedative o allucinogene bruciate dal fuoco, e tramite somministrazione di bevande alcoliche, alteravano la normale percezione dei testimoni.
Comunque i maghi presero grande ispirazione da questi fenomeni e "Il grande Nicola", agli inizi del 1900, fu uno dei primi a riprodurre una valida replica del trucco della corda nel suo spettacolo e anche il famoso Howard Thurston, suo contemporaneo, propose una sua versione di questa illusione. Tra le tante varianti sullo stesso tema arrivò presto sul palcoscenico l'effetto di levitazione più classico, in cui la persona si libra liberamente in aria, che fu probabilmente portata per la prima volta in scena dall'inglese John Nevil Maskelyne sempre nei primissimi del Novecento e della quale poco dopo il belga Servais Leroy inventò un'altra magnifica versione (conosciuta come "asrah"), in cui avvolgeva la moglie in un telo e la faceva levitare per poi farla sparire nell'attimo esatto in cui il telo veniva scrollato via.
Per concludere con la magia orientale e vedere quanto questa, a partire della metà del diciannovesimo secolo, abbia influenzato quella occidentale, non si possono non ricordare la Cina e il Giappone, in cui la magia sembra avere origini molto antiche. Le caratteristiche molto simili della magia di questi due paesi sono dovute al fatto che questa fu probabilmente introdotta in Giappone proprio dai cinesi.
Per quanto in Cina e Giappone alcuni gruppi che si esibivano in giro per le strade e i loro effetti (tra i quali anche trafiggersi le guance con grandi spilloni e "The Basket Trick") potrebbero ricordare la magia indiana, c'erano in realtà delle notevoli differenze. Prima di tutto i prestigiatori cinesi e giapponesi erano considerati comuni artisti e non erano avvolti dallo stesso mistero di quelli indiani; inoltre nella loro magia la componente folcloristica era molto forte e lo stile notevolmente poetico. Nel "Butterfly Trick" ad esempio, con armonici movimenti di un ventaglio, i prestigiatori davano vita a farfalle da loro costruite con della delicata carta. I loro effetti sembra venissero eseguiti con una particolare calma e uno stile contemplativo simile a quello dell'antica cerimonia del thè e spesso facevano uso di oggetti delicati, come ventagli (usati a volte come bacchetta magica), uova, farfalle, fazzolettini di seta o ombrellini che ben si confacevano all'ambiente in cui si esibivano. Nelle antiche illustrazioni i maghi itineranti sono raffigurati infatti nelle sale da thè domestiche e in giardini privati e probabilmente andavano porta a porta ad offrire la loro magia, così come altri artisti ambulanti offrivano danza, musica, acrobazie o numeri da giocoliere. Tra i trucchi più famosi che vennero riproposti dai prestigiatori occidentali è senz'altro da ricordare "The Gold Fish Production" (l'apparizione di un recipiente di vetro trasparente pieno d'acqua con un pesce rosso vivo all'interno) che nell' Ottocento fu ripresa (tra gli altri) dal francese Philippe, e poi "The Linking Rings" il trucco in cui grandi anelli d'acciaio sembrano avere il potere di penetrarsi e vengono così magicamente uniti tra loro in vari modi per poi risepararsi. Questo effetto divenne presto un classico che durante tutto il ventesimo secolo è stato eseguito da numerosissimi prestigiatori e rappresenta tutt'oggi un emblema della magia.
Ma in alcuni casi gli illusionisti occidentali presero in prestito da Cinesi e Giapponesi anche il loro particolare stile nel presentare la magia e, cavalcando il successo di alcuni maghi orientali giunti in Europa e America, cominciarono ad esibirsi con colorate vesti orientaleggianti e scenografie folcloristiche, come nel caso di Okito (Bamberg, Theo) o in quello ancora più eclatante di Chung Ling Soo (William E. Robinson), americano che arrivò a farsi credere un autentico cinese.
Spiritismo
Altra fonte di ispirazione per gli illusionisti furono gli effetti tipici dello spiritismo.
Durante la seconda metà dell'Ottocento, prima in America, per poi diffondersi in Inghilterra e in tutta Europa, si sviluppò un grande interesse per l'occulto e in particolare per le società segrete e le sedute spiritiche. Alcuni sedicenti medium cercarono di convincere la gente di essere in grado di comunicare con gli spiriti o di poter evocare fantasmi o fate. In molti riuscirono a sfruttare i loro mezzi d'inganno così efficacemente da convincere anche grandi nomi della scienza e premi Nobel sulla veridicità dei loro poteri. A volte sfruttarono semplici effetti ottici o fotografici e una grande forza persuasiva, come nel caso inglese conosciuto come il "Giardino delle fate" che, nei primi del Novecento, vide due "innocenti" bambine di 10 e 16 anni di Bradford, nello Yorkshire, sconvolgere l'opinione pubblica per i loro incontri con fate e gnomi testimoniati dalle loro foto, in realtà frutto di figurine di fate minuziosamente costruite dalle due fanciulle e di sofisticati effetti di sovrimpressione e doppia esposizione della pellicola. Le due ragazzine furono tanto abili da ingannare numerosi esperti fotografici e eminenti scienziati, come il premio Nobel William Crookes, e anche il famoso scrittore Harthur Conan Doyle (ideatore di Sherlock Holmes), che divenne un grande sostenitore di questo fenomeno.
Altri invece, come numerosi falsi medium e come nel caso del tedesco Johann Schrofer, trovarono modo di combinare le loro nozioni di magia con alcuni dei primi effetti speciali della storia per perseguire i propri scopi. Durante la seconda metà dell'Ottocento Schrofer, proprietario di un bar, cominciò a tenere sedute spiritiche nella sua sala da biliardo a Lipsia, facendo credere ai propri clienti di poter evocare gli spiriti dei loro antenati. Sfruttando tecniche già usate dagli antichi sacerdoti con i loro iniziati, imponeva ai partecipanti un digiuno di 24 ore prima della seduta, poi confondeva i loro sensi indeboliti con bevande narcotiche e incenso. Con cambiamenti di luce frequenti e spettacolari, provocava una continua dilatazione delle pupille ai loro ospiti rendendogli impossibile una normale visione; caricava poi l'atmosfera con cambiamenti di temperatura e effetti sonori e suggestionava i partecipanti utilizzando rituali occulti, geroglifici e formule magiche. Tutto questo serviva a sviare dai veri metodi usati per l'apparizione dello spirito del defunto: una lanterna magica nascosta era pronta a proiettare il ritratto del morto. Quella che offriva era una vera esperienza multisensoriale: ottica, uditiva, tattile; in molti immaginavano di udire strane voci e suoni assordanti di fulmini e tuoni, alcuni svenivano. Nel momento più importante della cerimonia i partecipanti in circolo avvertivano uno strano formicolio ai piedi (dato da piccole scosse elettriche), tutte le luci si spegnevano e ci si trovava al buio con la sola luce di un braciere in un angolo della stanza e da questo si levava una grossa nuvola di fumo d'incenso sulla quale appariva il caro defunto. Un'esperienza psicologica misto di deprivazione sensoriale e auto suggestione all'interno di un preciso rituale.
Ma uno dei casi più famosi è quello delle sorelle Fox di New York, considerate le fondatrici dello spiritismo, che nel 1848 cominciarono a tenere le prime sedute medianiche nelle quali affermavano che gli spiriti comunicavano con loro tramite colpi sul tavolo, campanelle che suonavano ed altri fenomeni (in realtà provocati da loro stesse). Tanto astute da ingannare anche loro numerosi scienziati in cerca di una spiegazione ed ebbero un tale seguito che addirittura, quando dopo molti anni decisero di svelare che le loro sedute erano frutto di semplici ma ingegnosi imbrogli, dandone pubblica dimostrazione, in molti continuarono a credere che si trattasse malgrado tutto di fenomeni autentici.
Fu comunque quando sentirono parlare delle sorelle Fox che i giovani fratelli Davenport pensarono di poter trasformare questi fenomeni di spiritismo in un fruttuoso affare e cominciarono così a crearsi una certa fama, prima diffondendo la voce sui loro poteri medianici e poi creando diverse manifestazioni spiritiche all'interno del quartiere in cui vivevano, per poi divenire famosissimi medium. Con le loro dimostrazioni, simili a veri e propri spettacoli di magia, girarono tutti gli Stati Uniti, e quando la Guerra Civile sembrò placare il loro crescente successo si trasferirono in Inghilterra, dove ebbero grande seguito. Nelle loro esibizioni erano in grado di provocare numerosi inspiegabili eventi e Maskelyne, grandissimo oppositore dei fenomeni paranormali e rivale dei due fratelli, ammise che "per singolarità, intelligenza e astuzia, nessuna manifestazione attribuita a poteri sovrannaturali aveva mai eguagliato quella dei Davenport". Nel loro numero famoso come "Spirit Cabinet" ("la cabina spiritica") i fratelli Davenport si facevano legare completamente (braccia e gambe) su due sedie all'interno di un armadio, con uno spettatore, una chitarra, un corno, delle campanelle e altri oggetti. Una volta chiusi gli sportelli sembravano avvenire alcuni strani fenomeni: il volontario del pubblico, al buio, si sentiva toccato da misteriose mani, tutti potevano sentire provenire dalla cabina qualsiasi tipo di rumore (battiti, campanelle, gli strumenti suonare), altri oggetti saltavano fuori dalla cabina; anelli fatti precedentemente posare a terra dallo spettatore venivano ritrovati alle dita dei maghi che, ogni volta che gli sportelli venivano riaperti, apparivano fermi nella stessa posizione, legati dalle stesse corde e nella stessa maniera, anche se magari senza la giacca che prima indossavano o con indosso la giacca del volontario testimone.
Fu quando i due fratelli arrivarono in Inghilterra che Maskelyne si decise a dimostrare la falsità dei loro poteri, riproducendo nel suo spettacolo lo stesso numero con il compagno Cooke. Da allora l'effetto entrò a far parte del repertorio degli illusionisti che diedero vita a numerose varianti, come quella dei fratelli Thorpe, che eseguivano l'esperimento impugnando con entrambe le mani caraffe colme di birra e con i polsi bloccati da gogne di legno ad assicurare l'assoluta impossibilità di un qualunque loro movimento. In realtà in tutte le versioni erano gli stessi esecutori che, liberandosi rapidamente, riuscivano a creare i misteriosi fenomeni. Anche quest'idea di liberarsi dei fratelli Davenport (che recuperarono alcune tecniche di liberazione dalle corde già usate nel Settecento anche da Pinetti e poi cadute in disuso) fu fonte di ispirazione per altre magie; è dallo studio di questo effetto che Houdini ebbe l'idea di costruire un numero basato sulle evasioni e cominciò a sviluppare il suo interesse per l'escapologia, che lo portò a divenire il mago più abile nel liberarsi da ogni vincolo. Tra l'altro Houdini manifestò sempre un grande interesse per lo spiritismo, fenomeno che studiò approfonditamente e combatté con ogni forza.
Ma ancora altri numerosi effetti tipici delle sedute spiritiche furono riprodotti in scena, come la levitazione dei tavoli, apparizioni fantasmatiche o ad esempio il celebre "The Spirit Paintings", ideato da David P. Abbott.
La nascita del cinema e George Meliès
Prima di addentrarmi nel cuore della magia di questo periodo, penso sia giusto aprire una piccola parentesi sulla nascita del cinema, che vide come grande protagonista proprio uno straordinario mago, George Meliès.
Nel 1895 i fratelli Lumière presentarono per la prima volta la loro invenzione destinata a cambiare il mondo: poter catturare una serie di immagini fisse che, fatte apparire in rapida successione, sarebbero apparse come un movimento continuo. Immediatamente Meliès, che eseguiva da tempo spettacoli di magia nel teatro di Robert-Houdin da lui acquistato, chiese ai fratelli Lumière di poter comprare una copia del loro apparecchio, all'inizio semplicemente per riprendere i suoi spettacoli di illusionismo e proiettarli nel suo teatro, unendo così la sua magia a quella del cinema, che all'epoca rappresentava una nuova magica esperienza, che dava la possibilità per la prima volta di vedere la realtà in movimento riprodotta su uno schermo. I due fratelli rifiutarono la sua richiesta e le sue onerose offerte di denaro perché quella invenzione rappresentava per loro solamente un interesse scientifico. Meliès allora si rivolse all'ottico Robert William Paul, che aveva appena presentato sul mercato il "bioscopio" (apparecchio simile alla cinepresa) e che creò per lui una copia della macchina dei Lumière.
Il mago cominciò così a girare numerosi filmati da proiettare nel suo teatro. Sembrò immediatamente intuire le potenzialità artistiche di quel mezzo e tentò di sfruttarne al massimo le possibilità. Fu lui, a mio parere, il vero inventore del cinema, almeno nell'accezione in cui lo intendiamo oggi; non creò certo la macchina, ma inventò probabilmente l'arte cinematografica. Prima di lui i Lumière si limitarono a riprendere momenti di vita quotidiana, come l'uscita degli operai da una fabbrica,o l'arrivo di un treno alla stazione, mentre Meliès cominciò ad utilizzare la cinepresa per raccontare delle storie in cui poteva realizzarsi qualsiasi fantasia.
Non solo: a lui si deve l'invenzione dei primi "effetti speciali", effetti raggiunti col solo utilizzo della macchina da presa, senza ausilio dei moderni computer o della tecnologia digitale.
Sviluppò tecniche di ripresa con le quali poteva riprodurre gli incredibili effetti magici dei suoi spettacoli con risultati ancor più sorprendenti. Combinò tutte le sue conoscenze di illusionismo, come la "Black Art" (o "arte del nero", in cui si dà vita a effetti di vario genere sfruttando il nero dello sfondo del palcoscenico combinato con una particolare disposizione di luci) o la destrezza manipolatoria, alle nuove tecniche di utilizzo della cinepresa da lui create, che sono poi l'origine di molti effetti moderni. La sua tecnica divenuta famosa col nome di "fotografia a passo 1" avrebbe costituito la base di tutta l'animazione cinematografica. Questa consisteva nel fermare la macchina da presa nel punto esatto in cui desiderava l'effetto, bloccando i protagonisti nella propria posizione; gli assistenti, a seconda del risultato desiderato, spostavano, aggiungevano, toglievano o sostituivano dei particolari della scena e la macchina da presa ripartiva. Quando il film finito veniva proiettato, l'effetto visivo appariva senza soluzione di continuità e in questo modo Meliès poteva far muovere, apparire, scomparire o trasformare qualsiasi oggetto o personaggio del suo film.
Inoltre spostando l'intero set, o avvicinando lentamente alla telecamera l'oggetto al centro della scena, creò anche la prima illusione di zoom e di macchina da presa in movimento (le primissime cineprese erano estremamente pesanti ed esclusivamente fisse). Riuscì addirittura a mostrare i primi film "a colori" colorando personalmente la pellicola, fotogramma per fotogramma.
Con tutte le sue idee era così in grado di mostrare il protagonista dei suoi film (spesso Meliès stesso) moltiplicarsi fino a formare tutti i personaggi di un intera orchestra (L'homme orchestre - 1900); poteva raccontare fantasie romantiche dando vita ai pianeti, alle stelle, al sole e alla luna o all'intero mondo marino; poteva esplorare il mondo dei sogni o le allucinazioni di un ubriaco che vede attaccapanni trasformarsi in persone, quadri prendere vita, e divertire il pubblico con uno stravagante inseguimento in cui i protagonisti sembrano in grado di passare attraversare il materasso di un letto o le pareti di un armadio.
Nel suo film più rinomato "Voyage dans la lune" (primissimo film di fantascienza spaziale) immaginò il primo viaggio sulla luna (allora neanche ipotizzabile) compiuto da alcuni imbranati borghesi che si imbattevano in strane creature, abitanti dello spazio.
In soli 15 anni Meliès girò con la sua compagnia 498 film di vario metraggio, ma la sua passione non fu ricambiata dal successo e nel 1912, convinto che la sua carriera cinematografica fosse stata un fallimento, bruciò la maggior parte dei suoi film.
Da allora comunque in molti copiarono il suo stile di film e, anche quando il pubblico cominciò a preferire, ad una ripresa fissa che riproducesse una quinta di teatro, elementi più drammatici, come spostamenti di angolatura della ripresa e cambiamenti di prospettiva (possibili con la nove macchine da presa) i registi continuarono a prendere molto dal cinema di Meliès. Il grande D. W. Griffith, autore di film che hanno fatto la storia del cinema, come "Intolerance", ha dichiarato, in un tributo a Meliès, di dovere assolutamente tutto a lui.
Ci furono anche altri maghi a riconoscere e sfruttare le potenzialità del cinema come forma di intrattenimento, come David Devant che introdusse la proiezione di alcuni filmatini in qualche suo spettacolo e che emerse poi come attore girando diverse scene in cui eseguiva anche parte dei suoi effetti magici.
Bisogna dire inoltre che all'inizio il cinema, nonostante questo rappresentasse una grande novità, il suo potere non offuscò il grande successo della magia che viveva in quel momento un ottimo periodo; questo almeno fino ai primi anni trenta, dopo i quali si assistette ad un progressivo imporsi del cinematografo.
Golden Age
Dalla fine del diciannovesimo secolo fino alla prima parte del ventesimo, la magia visse il periodo forse più fiorente di tutta la storia, si elevò sempre più il suo valore artistico e divenne una delle attrazioni principali, facendo dei maghi, grandi divi apprezzatissimi dal pubblico.
Le tre principali figure a dare l'impronta a questa nuova era d'oro furono in assoluto John Nevil Maskelyne, Buatier De Kolta e David Devant.
Tutto ebbe inizio durante la seconda metà dell'Ottocento in Europa quando il giovane Maskelyne assistette ad uno spettacolo dei fratelli Davenport che riproducevano effetti di spiritismo e che venivano considerati dal pubblico veri medium in grado di evocare le anime dei defunti. Maskelyne decise di smascherare i loro metodi e di eseguire una sua versione del trucco "The Spirit Cabinet" (la cabina spiritica - vedi paragrafo "Spiritismo") ideato dai Davenport per dimostrare al pubblico che quei misteriosi fenomeni erano frutto di tecniche da illusionista e non dell'influenza degli spiriti. Ripropose così in teatro lo stesso numero insieme all'amico George A. Cooke, col quale diede vita ad una vincente accoppiata magica che si esibì per molti anni. Fu con Cooke che nel 1873 si assicurò per tre mesi una piccola sala all'interno del museo Egyptian Hall, nel quartiere Piccadilly di Londra, non immaginando che il suo spettacolo si sarebbe presto trasferito nella sala principale, che egli trasformò in uno dei più prestigiosi teatri di magia, dove si esibì per oltre trent'anni e che per oltre trent'anni ospitò i più stimati nomi dell'illusionismo di quei tempi, prima di essere demolito nel 1905.
Maskelyne (così come i suoi contemporanei) fu grande nel capire che la magia meritava una considerazione maggiore di quella che aveva, che i maghi erano qualcosa di più di comuni giocolieri o inventori di meccanismi più o meno intelligenti. Si sforzò affinché la magia non fosse classificata tra le arti meccaniche ma tra le belle arti, quelle con la A maiuscola. Cercò di far capire che il vero segreto della magia o di un qualsiasi gioco di prestigio non è semplicemente il trucco usato, il "come funziona" (in molti sviliscono la magia riducendola a questo), ma una serie di importanti principi artistici, comuni a tutte le arti, necessari sia per la buona riuscita dell'effetto in sé, che per il raggiungimento del proprio fine artistico. Quale sia questo fine? Le possibilità sono così varie e infinite come il campo dell'umano intelletto e dell'emozione; può essere glorioso o banale, può esplorare le profondità della tragedia o le vette dell'umorismo. Un mago che ha imparato a ingannare il pubblico è poco più di un musicista in grado di eseguire bene le scale: ha solo appreso l'elemento base della sua professione.
In "Our Magic" pubblicato da Maskelyne con l'amico Devant nel 1911 si trovano i concetti principali riguardo alla loro visione della magia, emblematica dello spirito che muoveva i grandi prestigiatori di allora.
Maskelyne mise la sua arte in tutti i numeri del suo spettacolo nel quale presentava più attrazioni, come la sua abilità giocolatoria nel far compiere difficili evoluzioni ai piatti ("Plate Spinning"), i suoi automi tra cui il famoso Psycho, o la sua geniale creazione della prima levitazione di una donna senza punti d'appoggio e con la possibilità di far passare intorno ad essa un anello d'acciaio a dimostrare l'assenza di fili o supporti nascosti. Ma soprattutto fu straordinario nell'evolvere la magia in una nuova forma dalla struttura teatrale, proponendo piccole rappresentazioni in cui il pubblico era coinvolto nel seguire complicate storie o divertenti sketch magici.
Nel programma dell'Egyptian Hall entrò presto anche il francese De Kolta, presentato come il migliore artista della prestidigitazione vivente, che si distingueva infatti per le sua abilità manipolatoria.
Eseguiva principalmente quelli che divennero parte del repertorio di tutti i grandi manipolatori, come la moltiplicazione delle palle da biliardo (creazione a lui attribuita e fino ad oggi uno dei numeri di manipolazione più eseguiti in magia), effetti con carte e fazzoletti, ma fu celebrato soprattutto per la sua originalità; ogni cosa che faceva diventava un vero e proprio atto teatrale, per non parlare della genialità delle sue creazioni basate sulla semplicità dei metodi usati, che trovano la loro massima espressione in "The Vanishing Bird Cage" (una visuale sparizione di una gabbietta con un uccello dentro) e "Vanishing Lady" (sparizione di una donna seduta, coperta solo per un attimo da un telo) e l'effetto in cui un dado di circa 10 centimetri per lato posato su un tavolino si trasformava in un dado dieci volte più grande dal quale usciva poi una ragazza.
Un altro artista che il destino portò ad incontrarsi con Maskelyne, in coppia col quale si esibirà per gli ultimi dieci anni della sua attività (troncata prematuramente da una lunga malattia), è l'inglese David Devant, probabilmente il mago più celebrato della "Golden Age". Anche la sua grandezza derivò dall'artisticità della presentazione dei suoi numeri. Nel suo "Artist's Dream" (Il sogno dell'artista) riuniva alcuni degli effetti più classici (come ad esempio la levitazione e la sparizione di una donna) in un autentico atto scenico in cui, come in una poesia visuale, l'artista si addormentava su una poltrona e, a mo' di sogno, la donna raffigurata nel suo quadro prendeva vita sul fumo di una candela accesa e osservava il pittore addormentato; questi apriva lentamente gli occhi, si avvicinava incantato alla donna e, appena faceva per toccarla, questa scompariva improvvisamente tornando ad esistere solo nell'immagine del quadro.
Questo per rendere giusto l'idea della delicatezza che ricercava Devant, uno dei pochi di quel periodo a non eseguire alcun trucco con elementi horror come decapitazioni, mutilazioni o altro. La sua magia era guidata dalla poesia, dalla gentilezza e anche dall'ironia, come nel caso del numero (oggi intelligentemente recuperato da Lance Burton che ne offre una simpatica versione nel suo spettacolo a Las Vegas) in cui invitava due bambini del pubblico sul palco, cominciava ad estrarre da un cilindro, mostrato precedentemente vuoto, delle uova che consegnava una alla volta ai bambini finché queste non diventavano talmente numerose da rendere i bambini impossibilitati a tenerle tutte. La vera magia di questo trucco non era tanto nell'apparizione delle uova (effetto meno eclatante di tanti altri), ma nella reazione sempre diversa dei bambini, intenti a cercare i modi più ingegnosi per tenere l'enorme quantità di uova che inevitabilmente finivano per cadere e spiaccicarsi sulla scena: a volte si mostravano imbarazzati, altre volte divertiti, altre volte del tutto indisciplinati e non curanti del rompersi delle uova. Il pubblico assisteva divertitissimo ad uno spettacolo che ogni sera era diverso a seconda delle reazioni dei bambini.
Devant era sempre in cerca di cose simili, trucchi con interessanti storie che coinvolgessero il pubblico...era sempre alla ricerca della comunicazione.
La magia di questi grandi maghi (qui solo vagamente accennata) credo sia rappresentativa delle grandi potenzialità e dell'alto valore della magia, delle possibilità che ha di trasmettere una larga varietà di emozioni, e di come anche i più semplici trucchi possano essere riempiti di significato e sensazioni grazie alla padronanza dell'arte magica. È questo uno dei tanti preziosi messaggi che gli artisti della così detta "golden age" hanno lasciato ai loro successori che, in alcuni casi, grazie a questi, sono riusciti ad elevare la magia, nelle varie specialità (dall'illusionismo al Close-Up), a vera e propria arte.
Golden Age in America
Anche in America dalla seconda metà dell'Ottocento ci fu un fiorire di grandissimi maestri dell'illusione. Naturalmente anche molti di questi passarono per l'Egyptian Hall di Londra, che era ormai divenuto il fulcro della magia.
Uno dei prime figure ad imporsi in questo periodo sulla scena americana fu proprio un europeo, il francese Alexander Herrman, che per diversi anni si era esibito nel teatro inglese per poi trasferirsi nel 1875 negli Stati Uniti dove rimase fino alla sua morte.
Egli non fu un grande innovatore, i numeri dei suoi spettacoli (di presunta originalità per il pubblico americano) erano quasi sempre impercettibili variazioni delle illusioni di Maskelyne, De Kolta, Devant e altri contemporanei, e i suoi numeri di manipolazione erano in gran parte presi dal fratello Compars (prestigiatore con cui si esibì a inizio carriera).
Ma Herrmann fu comunque un eccellente uomo di spettacolo dalla forte personalità che lo fece divenire in America il più grande illusionista del suo tempo, il suo aspetto (alto, viso lungo, pizzetto e elegantemente vestito) divenne allora l'emblema del prestigiatore. Ebbe inoltre il merito di portare negli Stati Uniti la forte ventata di innovazione che aveva avvolto l'Europa.
Ma il primo della lunga generazione dei grandi maghi americani fu probabilmente Harry Kellar (vedi foto a inizio pagina), per molti anni il primo rivale di Hermann col quale si contendeva la fama del più grande illusionista americano, e che si impose definitivamente dopo sua la morte.
Anche Kellar si mostrò molto interessato alla magia degli eminenti personaggi che si erano stabiliti all'Egyptian Hall, dai quali attinse moltissimo. Quando venne a conoscenza della levitazione creata da John Nevil Maskelyne, decise che quel numero avrebbe dovuto assolutamente far parte del suo repertorio e si precipitò a Londra dove Maskelyne si rifiutò di vendergli il segreto nonostante le ingenti offerte di denaro. Kellar si fece così ingaggiare dall'Egyptian Hall, acquistando familiarità col "back stage" finché non riuscì a carpire tutti i segreti di quell'illusione che portò per primo (in una personale e splendida versione) in America, dove in molti tutt'ora associano erroneamente l'invenzione della levitazione a Harry Kellar.
Durante la sua carriera diede sostegno ad alcuni giovani maghi suoi contemporanei che si imposero poi sulla scena: William Ellis Robinson, assistente sia di Kellar che di Herrman, che divenne poi famoso col nome di Chung Ling Foo e anche il grande Houdini. Ma quando all'età di sessant'anni decise di ritirarsi dalla scena e si risolse a nominare ufficialmente un suo successore, sostenendo che il pubblico americano potesse ammirare un solo grande mago per volta, scelse un altro giovane illusionista da tempo suo assistente, il pregevole Howard Thurston che, già spinto dall'alta considerazione che il pubblico aveva per Kellar, raggiunse velocemente una fama anche maggiore del suo mentore.
Nel suo spettacolo Thurston univa la prestidigitazione all'illusionismo, presentando numeri con le carte (di cui era un eccellente manipolatore) e grandi effetti da scena come una straordinaria levitazione: nella sua versione, per la prima volta, alcuni spettatori venivano chiamati sul palcoscenico e potevano assistere al "miracolo" ad un'impressionante vicinanza. La sua enorme popolarità gli fu data probabilmente dall'accento molto spettacolare che dava alle sue esibizioni che, antesignane dei moderni show di magia in stile Las Vegas, comprendevano numeri appariscenti, come la sparizione di una macchina decappottabile affollata da ragazze festose, e apparizioni di enormi quantità di fiori, affascinanti fanciulle e fontane d'acqua che zampillavano da tutte la parti.
Anche Thurston decise di nominare un suo assistente come suo successore a cui conferì il nome d'arte Dante che con il suo talento portò avanti la creatività caratteristica della magia di quello splendido periodo.
Grande artista del palcoscenico, Dante univa i classici numeri di manipolazione di quel periodo (la moltiplicazione delle palle da biliardo, anelli cinesi, carte e fazzoletti) a incredibili illusioni di cui custodiva gelosamente il segreto. È per questo che, anche se partecipò ad alcuni film cinematografici esibendo parte della sua magia, sono pochi i filmati che ci rimangono dei suoi spettacoli che non desiderava venissero ripresi. Della sua popolarità si occuparono molto anche i giornali dell'epoca che a volte riportarono i segreti che si nascondevano dietro le sue illusioni ma, da brillante artista quale era, Dante rispondeva ogni volta eseguendo i suoi numeri con piccoli stratagemmi abilmente pensati per convincere pienamente il pubblico che i metodi da lui usati non potevano assolutamente essere gli stessi descritti nelle pubblicazioni dei giorni precedenti (nonostante si trattasse esattamente di quelli).
Un esempio del suo estro è rappresentato dalla sua creazione del numero "Behind the Scenes With a Magician" ("Dietro le quinte col mago", copiatissimo fino ad oggi in molteplici differenti versioni), in cui il prestigiatore esegue una serie di giochi magici dando le spalle al pubblico che può vedere divertito i segreti da lui usati come se assistesse allo spettacolo da dietro le quinte, ma che alla fine rimane comunque meravigliato da una serie di sorprese inattese ed inspiegabili.
Per eseguire il numero, Dante offriva le spalle alla vera platea rivolgendosi ad una finta platea ricca di spettatori dipinta sul sipario e al termine dell'illusione, delle mani vere uscivano da apposite fessure del sipario per applaudire.
Presto Dante cominciò a girare il mondo con il suo spettacolo trattenendosi molto in Europa ed è allora che negli Stati Uniti si impose sulla scena lo straordinario Harry Blackstone che riscosse subito un enorme successo.
Anche Blackstone, ricco di personalità e inventiva, creò diversi effetti e presentò quelli più classici con grande originalità.
Ideò il numero del fazzoletto danzante, "The Floating Light Bulb" (la levitazione di una lampadina accesa), e soprattutto "The Buzz Saw" (un'innovativa versione della donna segata in due decisamente superiore all'originale, in cui il mago taglia il corpo della sua assistente con una pesante sega circolare). Fu anche il primo ad eseguire la sparizione di un automobile nel 1923.
È da ricordare inoltre la sua rivalità con Houdini: Blackstone insinuava (forse a ragione) che le sue esibizioni non avessero nulla a che fare con la magia e che lui non fosse un illusionista ma solo un intrattenitore e un esperto escapologo.
Blakstone fu veramente eccellente, aveva tutte le caratteristiche che un mago dovrebbe avere e fu per anni sinonimo di magia in America.
Fu probabilmente lui l'ultimo colosso della tradizione dei Kellar e dei Thurston e di questa meravigliosa generazione di fenomenali artisti da palcoscenico.
Harry Houdini (1874-1926)
Tra gli eminenti personaggi sorti tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, quello di Houdini fu un caso un po' singolare. Infatti, sebbene oggi sia considerato l'emblema della magia e sinonimo di illusionista, Houdini come mago fu forse appena sufficiente. Alcuni grandi suoi contemporanei, come il suo rivale Blackstone, affermavano che le sue esibizioni non avessero nulla a che fare con la magia, ma con altre forme di spettacolo. Anche l'autorevole Dai Vernon che, giovanissimo ebbe modo di conoscere Houdini, prima che questi morisse (riuscendolo anche ad ingannare con uno dei suoi giochi di carte), e che crebbe sotto l'influenza dei maestri di quel tempo, sviluppando una grande sensibilità per la magia e idee ben chiare su quello che essa dovesse rappresentare, non considerò mai Houdini nella categoria dei maghi.
Tuttavia Houdini fu anche sostenuto da alcuni eminenti illusionisti (come gli amici Kellar e Downs) e le sue prodezze si avvicinarono spesso a veri e propri numeri di magia, della quale tra l'altro era un esperto conoscitore.
Nato in Ungheria col nome Ehrich Weiss, ancora neonato emigrò con la famiglia negli Stati Uniti dove giovanissimo decise di diventare prestigiatore dopo aver letto le memorie di Rober-Houdin, al quale si ispirò per il suo nome d'arte Houdini. Iniziò così la sua difficile gavetta, prima insieme al fratello Theo (in arte Hardeen) e poi con la moglie Bess. I suoi primi tentativi di affermarsi in spettacoli di prestidigitazione definendosi nelle sue locandine "Il re delle carte" non servirono a dargli maggior credito come mago, ma presto, dopo aver assistito ad uno spettacolo simile a quello dei Davenport, cominciò a sviluppare le sue idee di costruire numeri basati sulle evasioni, che lo portarono a diventare in poco tempo uno dei più grandi fenomeni di quel periodo. Il suo vero successo iniziò quando nel 1899 l'autorevolissimo agente dello spettacolo Martin Beck assistette a un suo spettacolo rimanendo particolarmente colpito dalla sua dinamica personalità e lo ingaggiò presentandolo come "The challange escape artist", un artista dell'evasione in grado di sfidare chiunque volesse provare a legarlo con corde, catene o manette. Avendo inventato questa nuova forma di intrattenimento e di spettacolo, Houdini divenne presto una star internazionale. La tappa decisiva del suo trionfo fu quando, sotto consiglio del suo amico T. Nelson Downs (il più grande manipolatore di monete di tutti i tempi), giunse in Inghilterra e con la sua grandissima capacità di autopromuoversi lanciò, nelle affollate strade londinesi, le sue sfide alle autorità del posto, riuscendo a liberarsi prima dalle manette di un poliziotto e poi dimostrando di riuscire ad evadere da una prigione di Scotland Yard, attirando immediatamente l'opinione della stampa europea e divenendo l'idolo delle folle, che vedevano in lui il simbolo dell'evasione e l'incarnazione del desiderio di scappare dei legami e dalle costrizioni della vita.
Cominciò così a girare tutto il mondo con i suoi spettacoli e con numeri sempre più incredibili, che erano più spesso dimostrazioni di abilità, resistenza fisica e preparazione atletica più che rappresentazione di eventi magici. Alcuni di questi venivano eseguiti per le strade delle grandi città dove immense folle impazzite potevano vederlo tuffarsi nei fiumi delle città più importanti con le manette ai polsi dalle quali riusciva poi a disfarsi in acqua (come fece a Boston o nella Senna a Parigi), oppure potevano ammirarlo mentre si liberava da una camicia di forza, appeso dai piedi ad una gru sporgente dalla cima di un altissimo palazzo, o ancora farsi imprigionare, ammanettato a polsi e caviglie, all'interno di una cassa chiusa da resistenti catene che veniva gettata nel fiume nel quale affondava e dal quale, dopo una lunga e angosciosa attesa, Houdini riaffiorava libero da ogni vincolo. I suoi più famosi numeri da teatro, che vengono ancora oggi eseguiti, furono invece "Metamophosis", nel quale cambiava istantaneamente posto con la moglie Bess rinchiusa in un baule, "The Milk Can", che lo vedeva liberarsi da un bidone metallico pieno di liquido, e il famosissimo "Wather Torture Cell" (o "Pagoda della tortura cinese"), nel quale veniva calato testa in giù, con manette ai polsi, in una sorta di acquario trasparente pieno d'acqua, chiuso con dei lucchetti e così stretto da lasciare poca libertà di movimento al mago che, in questa scomoda posizione e senza respirare, doveva riuscire a liberarsi prima di morire soffocato.
Tutti questi numeri erano avvalorati dalla grande personalità di Houdini, vero trascinatore di folle e con una spiccata capacità nel creare ogni volta una speciale atmosfera e la giusta tensione.
Il suo enorme amore per la magia lo portò anche a mettere insieme una preziosa collezione di libri e oggetti magici che furono donati dopo la sua morte alla Biblioteca del Congresso di Washington e a mantenere, con la sua generosità, molti amici prestigiatori caduti in disgrazia o le vedove di colleghi scomparsi, nonché a pagare il restauro delle tombe dei più importanti maghi del passato che si trovavano in un cattivo stato.
Fu sempre molto attivo durante la sua vita e protagonista di molte iniziative: scrisse diversi libri, fondò una compagnia cinematografica (che tuttavia non ebbe successo) e fu tra l'altro il primo uomo in Australia a sollevarsi in volo con un aeroplano.
Il suo interesse per lo spiritismo (fenomeno di costume sempre più dilagante) fu poi lo spunto per creare qualcosa che ancora una volta interessasse le grandi folle. Sembra che la morte della madre, alla quale era incredibilmente legato, lo portò a cercare più volte un contatto con la donna tramite medium e sedute spiritiche, ma si accorse di trovarsi sempre di fronte a truffatori e messe in scena, decidendosi così a combattere questa realtà. Tutto questo con un'ennesima trovata pubblicitaria: sfidò qualunque medium a dimostrare un fenomeno che egli stesso non potesse spiegare con un trucco, offrendo anche un assegno di $ 10.000 (cifra enorme per quei tempi) a chiunque ci fosse riuscito.
La sua battaglia contro le frodi dello spiritismo non ebbe mai fine, smascherò moltissimi ciarlatani e ovunque presentò spettacoli dimostrativi in cui spiegava i numerosissimi metodi usati dai medium nelle loro fraudolente sedute.
Morì, in perfetto stile col suo personaggio, proprio la notte del 31 ottobre, il giorno della festa di Halloween (la notte delle streghe). La sua storia diede origine a moltissimi libri e film biografici, ma questi molto spesso riportarono eventi della sua vita e descrizioni delle sue imprese in maniera altamente romanzata o addirittura assolutamente inventate dando vita a numerose leggende; una di queste riguarda proprio la sua morte che sarebbe avvenuta sul palcoscenico eseguendo per la prima volta il "pericolosissimo" numero "Wather Torture Cell". Ma nonostante la spettacolarità dei suoi numeri, quando si trattava di sicurezza Houdini non lasciava nulla al caso, e quando morì erano già 14 anni che presentava con successo quel numero. Houdini morì in realtà in ospedale per delle complicanze di un'appendicite. Prima di un suo spettacolo infatti (ultima data a Montreal) ricevette nel suo camerino un fan che, ansioso di assistere ad una delle famose "dimostrazione di forza" eseguite solitamente da Houdini, che consisteva nel resistere ad qualunque pugno lo colpisse allo stomaco, gli sferrò alcuni forti colpi senza dare al mago il tempo di preparare i muscoli addominali e provocandogli un'infiammazione dell'appendice (probabilmente già in corso). Houdini, dopo essersi accasciato a terra per il dolore, sembrò essersi ripreso e anche se un po' sofferente tenne ugualmente lo spettacolo, dopo il quale partì immediatamente per Detroit dove l'indomani avrebbe dovuto tenere la sua attesissima "prima". La sera seguente, prima di quello che sarà il suo ultimo spettacolo, le fitte allo stomaco cominciarono a farsi più insistenti e il medico che lo visitò nel camerino gli diagnosticò una peritonite e ne ordinò l'immediato trasporto in ospedale per farlo operare, ma Houdini, non volendo deludere il proprio pubblico che aveva già riempito il teatro per il grandioso evento, si rifiutò e andò ugualmente in scena nonostante il dolore. Fu così operato solo dopo la fine del suo spettacolo, cosa che danneggiò gravemente il suo stato di salute, che peggiorò gradualmente fino a rendere necessario il tentativo disperato di un altro intervento dopo il quale Houdini morì.
"La donna segata in due" e "The Bullet Catch"
Tra le varie illusioni che si diffusero negli spettacoli durante quello splendido periodo definito come "Golden Age" (vari tipi di levitazione, anelli cinesi, alcune sparizioni di donne o anche numeri di manipolazione con carte, palle da biliardo, monete ed altri ancora), ce ne sono due in particolare che diedero vita a singolari vicende e aneddoti e che sembrano nascere da una sorta di spirito di esorcizzazione della morte: la "Donna segata in due" e "The Bullet Catch".
Il successo di questo tipo di trucchi è forse dato dal fascino che l'uomo ha sempre avuto per il pericolo e dalla possibilità di vivere le esperienze agghiaccianti rappresentate da queste illusioni in modo indiretto e innocuo: vediamo quello che succede ma sappiamo che in realtà non sta succedendo, ma la cosa ci affascina e al contempo ci impaurisce facendoci entrare in quegli angoli bui di noi stessi. O forse questi numeri ci attraggono perché c'è anche un messaggio di speranza: il mago sfugge alla morte resistendo ai colpi di un fucile e se una donna segata in due viene risanata, anche la nostra vita può essere rimessa insieme; soddisfano inoltre il nostro bisogno di credere in qualcuno di superiore, in grado appunto di sfuggire alla morte e ridare la vita.
La rappresentazione dell'immagine della morte è anche una celebrazione della vita e dell'arte.
Affondando le sue origini in antiche illusioni di mutilazioni e decapitazioni (già presenti nei riti più primitivi e descritte anche nel più volte citato "The Discoverie of Witchcraft"), la primissima versione da palcoscenico della "Donna segata in due" fu inventata, intorno al 1920 dal prestigiatore inglese Selbit (P. T. Tibbles) e consisteva semplicemente nel segare al centro una cassa con una donna dentro. L'idea ebbe un grande successo e l'effetto fu copiato e rielaborato da diversi maghi tra i quali Horace Goldin, che divenne il più grande rivale di Selbit. Goldin concepì una nuova e più convincente versione di questa illusione, in cui la testa e i piedi della donna erano visibili e le due parti della cassa potevano essere separate. Selbit, non scoraggiato dalla nuova variante del suo "avversario", pensò di portare la sua illusione in America ma Goldin arrivò per primo autorizzando anche diverse compagnie di giro ad eseguire l'effetto. "La donna segata" divenne presto un classico e nei primi anni venti erano già molti i maghi ad aver acquistato il brevetto del numero da Goldin o dallo stesso Selbit. Tra i due nacque una vera e propria battaglia combattuta anche a colpi di pubblicità: per stimolare la curiosità del pubblico e dare un certo senso di pericolosità e folclore all'effetto, Goldin attirava l'attenzione con ambulanze, medici e infermiere fuori da suoi teatri, Selbit invece pagava un uomo che con noncuranza svuotava un secchio di sangue artificiale in un tombino sotto gli occhi degli spettatori inorriditi in fila davanti al teatro; sembra quasi che i due si copiassero a vicenda (la violazione del diritto d'autore e la pirateria creativa sono problemi che affliggono i maghi ancora oggi, non essendoci precise leggi di tutela). In molti tra gli illustri maghi già citati di quel tempo adottarono il numero nei loro spettacoli, come il grande Dante con la sua famosa assistente, la reginetta di bellezza australiana Moi-Yo Miller-Montes.
Ma l'evoluzione di questo effetto ebbe altri grandi protagonisti, come Blackstone, che negli anni trenta creò la sua splendida versione (The Buzz Saw) in cui usava una grande sega circolare per tagliare il corpo di una donna steso su un piano e senza nessun baule che lo nascondesse. David Bamberg (figlio del Theo Bamberg famoso come Okito), ispirato invece dal racconto "Il pozzo e il pendolo" di E. H. Poe, creò una versione in cui la donna veniva tagliata da una imponente lama oscillante che scendeva lentamente creando una certo senso di suspance. Una variante ancora differente fu "La donna zig-zag" inventata da Robert Harbin, in cui il corpo di una donna messa in piedi all'interno di una cassa posizionata in verticale veniva scomposta in tre parti. Col tempo le versioni si sono evolute sempre più: in alcune la cassa che contiene la donna è così stretta da rendere inimmaginabile l'uso di alcun artificio, in altre il corpo della donna viene diviso in tantissimi segmenti, o ancora la vittima viene tagliata mentre si trova stesa su un tavolo sottilissimo senza nessuna copertura.
Ma una rappresentazione di questo effetto che è rimasta senz'altro nella storia è quella che intorno agli anni '70 eseguiva il mago Richiardi.
Spesso i maghi tendono a perdere completamente di vista l'idea che c'è dietro a un'illusione in repertorio da lungo tempo, ed è quello che credo sia successo con la donna segata: l'effetto a una sua componente tragica e l'idea della sega è terribilmente brutale. Richiardi (di origine sud americana che girò tutto il mondo con i suoi spettacoli) fu uno dei pochi a capirne la drammaticità e a rappresentarla, in tempi moderni, con la dovuta brutalità. Alla fine del suo show, dopo aver eseguito una serie di trucchi divertenti e spettacolari, il clima sembrava incupirsi improvvisamente, l'atmosfera si faceva solenne e la scena si presentava con al centro una specie di tavolo operatorio con una grande sega circolare sopra. Il mago entrava con i suoi assistenti indossando una sorta di camice da ospedale, prendeva la figlia (cosa che rendeva il tutto ancor più perverso) anch'essa vestita di un camicione bianco e, dopo averla stesa sul lettino e averle apparentemente somministrato un anestetico, metteva in moto la sega che (con un'inquietante musica di sottofondo che riproduceva un accelerato battito del cuore) spingeva sul corpo della ragazza scavandole un solco all'altezza dei fianchi, senza passarla da parte a parte come nelle versioni più classiche, ma praticandole un taglio orribilmente credibile. Inoltre una pioggia di sangue e pezzi di interiora investiva la platea. Il mago invitava poi gli spettatori sul palco per guardare da vicino, e per i venti minuti successivi, in un silenzio di tomba, ogni singolo spettatore sfilava davanti a quella scena. Quando il pubblico aveva ripreso posto gli assistenti sollevavano il corpo della ragazza senza sensi e mostravano la grande chiazza di sangue sul suo camice bianco: un'immagine davvero spaventosa, il sipario calava e lo spettacolo era finito. Qualcosa che dà da pensare tornando a casa. A mio parere nessuno ha mai eguagliato la presentazione di Richardi, che riusciva a creare un'atmosfera veramente incredibile. Come in una perfetta rappresentazione teatrale il pubblico, per quel lasso di tempo, lasciava da parte il suo scetticismo e rimaneva rapito e coinvolto da quella scena come se il mago veramente si fosse impazzito e stesse uccidendo la figlia sotto i loro occhi. Nel finale la ragazza non rinveniva per mostrare il suo sorriso da perfetta valletta e nessuna musichetta allegra rompeva l'incantesimo. Era tutto magicamente perfetto.
Un altro modo di sfidare la morte sulla scena è con le armi da fuoco. Pistole fucili e cannoni entrarono da subito nei repertori dei circhi e degli spettacoli di magia. Molti di questi numeri, benché astutamente architettati per essere solo una simulazione, si rivelarono spesso molto pericolosi. Un effetto piuttosto famoso ispirato alla roulette russa consisteva nel caricare una pistola a sei colpi con un solo proiettile; il mago allora cominciava a premere il grilletto con l'arma puntata alla tempia finché con la "forza del pensiero" non capiva il momento in cui la pistola avrebbe fatto partire il colpo e lo sparava altrove.
Morris Fogel nella sua versione, in cui si faceva sparare da sei fucili di cui uno solo carico che sembrava scartare con la telepatia, fallì più volte è riportò cicatrici di ferite quasi mortali per tutta la vita. Una volta un proiettile lo colpì in mezzo agli occhi e dopo essere stato salvato da una delicata operazione chirurgica tenne il proiettile come macabro souvenir.
Ma l'effetto più famoso eseguito con le armi da fuoco e che viene spesso considerato "maledetto" poiché protagonista di diversi incidenti (ed anche tante leggende) è "The Gun Trick" o "The Bullet Catch" in cui il mago, dopo aver fatto esaminare un fucile o una pistola e averla caricata con un proiettile contrassegnato da uno spettatore, si fa sparare da questi all'altezza del viso e afferra il proiettile con la bocca. Il pericolo dell'effetto sembra derivi dal fatto che il mago non può tenere sotto controllo l'arma durante tutta l'esecuzione. Nell'Ottocento Harry Bliz fu vittima di una macabra trovata di uno spettatore che caricò la canna del fucile con una manciata di chiodi; fortunatamente sbagliò la mira procurando al mago solo qualche graffio. Ma per molti non andò così bene e rimasero gravemente feriti o persero la vita, a volte per un guasto meccanico, altre per un errore umano o a anche per un eccesso di zelo di qualche spettatore.
Sembra che questo effetto esistesse già dalla fine del Cinquecento e durante la storia furono in molti i maghi ad eseguirlo in diverse versioni: il proprietario di circo Philp Astley, che lo riportò alla popolarità nel Settecento, il famoso mago dell'Ottocento Anderson e anche Robert-Houdin (tanto per citarne alcuni).
Ma il personaggio a cui più spesso viene associato questo gioco è l'americano William Robinson, in arte Chung Ling Soo. Nella sua versione del "The Bullet Catch" questo straordinario mago, che si esibiva in perfetto stile orientale e si faceva passare per un vero cinese (arrivando persino a parlare attraverso un finto interprete), si faceva sparare con ben due fucili dei quali afferrava con la bocca entrambi i proiettili. Questo esperimento fu però anche la causa della sua morte: nel 1918 durante la sua esibizione in un teatro di Londra un proiettile lo colpì alla testa uccidendolo. Gli esami della polizia scoprirono che uno dei due fucili (che doveva essere truccato per non sparare fuori il proiettile) aveva un difetto probabilmente causato dall'usura e il caso fu dichiarato un incidente, ma ci furono e ci sono tutt'oggi molte persone convinte che si sia trattato di un omicidio premeditato.
Ci tengo a citare infine l'eccezionale Ted Anneman, ricordato oggi per il suo grande contributo all'arte del mentalismo e che fu tra l'altro uno straordinario cartomago. Negli anni trenta Anneman portò l'effetto "Bullet Catching" a un nuovo livello di realismo esibendolo all'aperto con tiratori scelti della polizia. La sua versione aveva una grande carica drammatica: il mago si preparava in maniera solenne, fumava un'ultima sigaretta come prima di una vera esecuzione capitale e dopo lo sparo cadeva drammaticamente a terra per poi alzarsi lentamente e sputare il proiettile.
Gli "specialisti" e il Close-Up
Sempre nel periodo della "golden age", contemporaneamente alla grande magia da teatro, nacquero nuove tendenze che videro per protagonisti altri superbi prestigiatori che, più che per le loro grandi illusioni, divennero famosi per la loro abilità prestidigitatoria, sia eseguita in scena che in piccoli spazi con numeri da Close-Up (magia da tavolo o anche micromagia).
Da sempre alcuni prestigiatori si distinsero più di altri per la loro destrezza manuale in determinate branche della magia: nel Settecento Fawkes con il suo "Egg Bag Trick", durante l'Ottocento Bosco con la sua esibizione dei bussolotti e Hofzinser con i suoi giochi di carte, e nel periodo dei grandi illusionisti da teatro Thurston per la sua abilità con le carte (tanto per citarne alcuni). Ma fu soprattutto nei primissimi anni del Novecento che moltissimi giovani prestigiatori decisero di specializzarsi sempre più in alcuni settori della manipolazione.
Tra i primi cronologicamente, dei cosiddetti "specialisti", è da ricordare senz'altro Dr. James William Elliot particolarmente brillante con carte e bussolotti, morto nel 1920.
Da non dimenticare anche T. Nelson Downs (1867-1938) che elaborò un numero esclusivamente basato sull'uso delle monete che maneggiava con incredibile destrezza e creò numerose tecniche ed effetti divenuti poi fondamentali nel campo della monetomagia come "Miser's Dream" (il sogno dell'avaro) basato su una continua apparizione di monete.
Il suo contemporaneo Nate Leipzig divenne poi famosissimo in America e Inghilterra per l sui spettacoli da Close-Up eseguiti anche sul palcoscenico. Si distingueva per i suoi effetti soprattutto con le carte, le monete e per la sua manipolazione dei ditali (thimbles).
Il carismaticissimo Max Malini invece fu probabilmente il più abile esperto di magia eseguita con carte e piccoli oggetti di uso comune. Mostrava i suoi effetti direttamente davanti agli occhi della gente ad una vicinanza che faceva sembrare impossibile l'utilizzo di qualsiasi artificio. Era richiestissimo per esibizioni private e la sua fortissima personalità lo rendeva ben accetto in tutti i salotti dell'alta società del tempo, dove acquisì subito un posto d'onore e dove portò l'arte del Close-Up ai livelli più alti. Si esibì anche per numerose teste coronate europee e alcuni presidenti americani.
Tutte queste persone portarono anche nelle loro discipline la forte ventata artistica di quel periodo e sia la manipolazione da scena che il Closa-Up ebbero una significativa evoluzione con nascita di numeri sempre più sensazionali, nuove forme di presentazione e innovative idee di alto livello artistico.
Queste discipline, ebbero poi una diffusione ancora maggiore negli anni successivi. Bisogna dire infatti che durante la grande crisi economica degli anni trenta, molti teatri fallirono e in America solo i pochi illusionisti da palcoscenico veramente grandi (come Dante e Blakstone) riuscirono a far sopravvivere la loro arte, visti i grandi costi delle attrezzature da scena e delle grandi illusioni sempre più ambiziose. Anche il crescente affermarsi del cinematografo, che rubò l'attenzione del grande pubblico, contribuì alla fine della cosiddetta "golden age" della grande magia da teatro e il mondo dell'illusione cominciò così a spostarsi in nuove direzioni (puntando più sull'abilità prestidigitatoria che sull'uso di complessi attrezzi) e in nuovi spazi (come ristoranti, cocktail bar e i night club sempre più di moda in quel periodo, in cui si respirava una forte aria di mondanità).
Tra i grandi nuovi maestri della magia che emersero nei primi anni trenta, penso sia giusto ricordarne in particolare due: Dai Vernon (per quanto riguarda la magia da sala e il Close-Up) e Cardini (per quanto riguarda la manipolazione da scena). Le loro lunghe carriere durarono fino alla fine degli anni '60 e anche dopo il loro ritiro dalle scene, questi due eccellenti prestigiatori continuarono ad influenzare la magia di molte generazioni posteriori fino ai giorni d'oggi, soprattutto il longevo Vernon che fino alla sua morte (nel 1992 all'età di 98 anni) ha seguitato a dare i suoi insegnamenti lasciandoci un grande patrimonio.
Il Close-Up e la magia tutta, subì un netto innalzamento di qualità quando arrivò Dai Vernon, cresciuto sotto l'influenza di illusionisti del livello di Kellar e prestigiatori come Dr. Elliot, Leipzig e Malini.
Qualcuno ha detto che Vernon è stato per la magia quello che Einstein è stato per la fisica e Joyce per la letteratura: uno di quegli uomini che nascono una volta ogni cento anni e sembrano destinate a cambiare tutto e modificano completamente il generale approccio a quel particolare campo.
Nato nel 1894 in Canada, dopo aver studiato ingegneria presso il Royal Military College e aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale con l'aeronautica militare canadese, Dai Vernon si trasferì a New York dove ebbe modo di conoscere tutti i grandi maghi dell'epoca. Per lo più si manteneva tagliando silhouettes: era un vero maestro in grado di riprodurre fedelissimo profili col semplice uso di una forbicina e un cartoncino nero (molti maghi ebbero l'onore di essere ritratti da Vernon e conservare questo prezioso souvenire).
Ma la sua vera passione rimase sempre la magia, che studiava con una dedizione pari a poche persone e in maniera così approfondita da divenire un punto di riferimento per tutti i prestigiatori del suo periodo e di tutte le generazioni posteriori. Nel 1924 (ancora poco conosciuto) pubblicò il suo primo libricino con la descrizione di 25 effetti che andò immediatamente a ruba tra i prestigiatori professionisti vista la qualità del contenuto.
Sarebbe troppo lungo descrivere tutto l'iter della sua vita e della sua carriera ma si può dire che si esibì nelle principali città americane (nei più prestigiosi locali serali) e tenne diverse conferenze e viaggi in giro per il mondo. Il suo repertorio era principalmente di Close-Up e comprendeva numerosi effetti con le carte (di cui fu tra i più grandi esperti), i Bussolotti (con i quali eseguiva una delle routine successivamente più copiate dai prestigiatori), con anelli cinesi (che eseguì per un periodo indossando un costume e una maschera orientali creati dalla moglie Jeanne Hayes, artista della scultura), e ancora trucchi con monete e numerosi altri articolo.
Vernon non si mostrò mai interessato alla grande fama o al denaro, il suo amore era più concentrato sullo studio della magia in tutti i suoi molteplici aspetti, ed è per questo forse che non raggiunse mai una grandissima popolarità di pubblico mentre è rimasto sempre tra i nomi più rispettati nel mondo dei prestigiatori che lo hanno definitivamente appellato "The Professor".
Rivoluzionò completamente il mondo della magia sia evolvendo molte delle tecniche e degli effetti più classici (recuperando in maniera particolare la magia di Leipzig e Malini e approfondendo gli insegnamenti dell'esperto di carte e tecniche da baro Erdnase), sia inventando metodi ed effetti decisamente nuovi, ma soprattutto attraverso le sue decise idee sulle regole che reggono un effetto magico, con le sue brillanti teorie e con il suo inconfondibile stile (il famoso "Vernon Touch"). In qualunque città si spostasse faceva di quel posto il centro della magia mondiale.
Cardini fu invece rivoluzionario nel suo modo di intendere la manipolazione da scena. La sua carriera durò per più di cinquant'anni e sia il suo stile che i suoi numeri di manipolazione di palle da biliardo, sigarette e carte furono imitate da moltissimi prestigiatori di tutto il mondo che non riuscirono però a raggiungere mai la sua abilità e il suo talento.
Nato nel 1894 a Mumbles (Wales), iniziò ad esibirsi in Australia e poi in Canada, per poi andare in Inghilterra ed infine in America dove conobbe a Chicago Swan Walker che divenne sua moglie e la sua assistente.
A New York Cardini ebbe immediatamente un enorme successo sia da parte del pubblico che degli altri prestigiatori. Non era certo il classico mago che mostra i suoi effetti e basta; Cardini infatti, con le sue grandi doti di attore, creava un vero e proprio spettacolo teatrale interpretando il personaggio del distinto signore inglese (con cilindro, frac, mantella e monocolo) al quale accadevano cose stravaganti e inspiegabili: dalle sue dita apparivano e scomparivano carte, sigarette ecc.
La sua tecnica perfetta, la sua originale presentazione, la sua ironia, la sua grande mimica e gestualità, e i suoi movimenti perfettamente coordinati alla musica, trasmettevano al pubblico una vera e propria atmosfera magica, piuttosto che una mera dimostrazione di abilità.
Ma tornando agli artisti del Close-Up ci tengo particolarmente a citare ancora Tony Slydini (1901-1991) e Edward Marlo (1913-1992).
Il primo perchè si distinse per il suo stile unico e per la sua perfetta esecuzione di numerosi giochi di micromagia (ma anche di manipolazione da scena) da lui ideati e basati principalmente sull'arte del depistaggio (misdirection) sulla quale sviluppò importantissime teorie e della quale fu in assoluto tra i più grandi maestri di tutti i tempi: col suo carisma, le sue tecniche di disorientamento e la sua gestualità quasi ipnotica era in grado di nascondere perfettamente il punto e il momento in cui avveniva il trucco facendo apparire i suoi effetti degli autentici miracoli.
Marlo invece perché con la sua enorme mole di lavoro ha dato veramente tantissimo a tutti i prestigiatori di Close-Up ed in particolare a tutti i "Cardician" (cartomaghi). Nonostante fosse in grado di eseguire i più difficili numeri con le carte meglio di qualunque altro professionista, si esibiva raramente e non fece mai della magia il suo lavoro, ma fece senz'altro della magia la sua vita. Lavorava infatti in una ditta di macchine utensili, ma dedicava ogni momento a sua disposizione ai suoi studi maniacali. Ha sviscerato l'argomento "cartomagia" più di chiunque altro al mondo valutando tutte le possibili varianti di ogni tecnica ed effetto, con particolare attenzione ai dettagli e alle piccole sfumature.
Scrisse su praticamente tutte le più importanti riviste di magia (Linking Rings, Epilogue, The Chronicles, Genii ecc.), tenne alcune apprezzatissime ed attesissime conferenze, e la pubblicazione dei suoi libri e dei suoi numerosi manoscritti rappresenta uno dei più grandi patrimoni della magia.
Ma ci sarebbero da citare ancora moltissime figure che dai primi anni '30 fino agli anni '80 hanno sviluppato geniali e molteplici numeri, sotterfugi, tecniche ed effetti di magia da tavolo, creando le basi di tutto il Close-Up contemporaneo.
Desidero infine chiarire che il Close-Up a partire dai primi agli anni trenta ebbe solo una maggior diffusione e un innalzamento artistico, ma non rappresentava certo un'arte nuova e il suo sviluppo non si era mai fermato. Infatti, come si è visto, le sue origini sono le più antiche, in tutto il passato la maggior parte della magia veniva eseguita in mezzo alla gente con piccoli oggetti e ad una grande vicinanza dagli spettatori e, anche se il Close-Up dalla fine dell'Ottocento venne un po' offuscato dal grande successo della magia da teatro, non si fermò mai continuando a trovare i suoi spazi nelle esibizioni private.